di Salvo Barbagallo
Diversi esperti in materia di strategie belliche sono convinti che la grande esercitazione aeronavale terrestre “Trident Juncture” sia una “prova generale” per un eventuale conflitto con la Russia di Putin. In realtà non occorre essere “esperti” per capire il significato delle parole che il generale statunitense Philip Breedlove ha pronunciato l’altro ieri (lunedì 19 ottobre) a Trapani Birgi, nella sede del 37° Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana, nel corso della presentazione della “Trident Juncture”, sostenendo che le esercitazioni “mandano un messaggio chiaro a qualunque potenziale aggressore. Qualunque tentativo di violare la sovranità di un Paese Nato avrà come risultato un deciso intervento militare di tutte le nazioani dell’Alleanza”. Non a caso lo scenario ipotizzato dalla Trident Juncture è l’invasione del piccolo Stato della Cerasia dell’Est da parte del vicino Stato di Kamon che vuole impadronirsi delle risorse idriche, un conflitto “locale” che potrebbe innescare una nuova guerra mondiale. E non a caso il punto focale (luogo deputato) di questa megaesercitazione è la Sicilia, fulcro centrale non solo dell’area del Mediterraneo ma anche propaggine di confine dell’Europa. E non a caso gli Stati Uniti d’America negli ultimi anni hanno moltiplicato esponenzialmente i loro investimenti (miliardi e miliardi di dollari) in strutture belliche “stabili” proprio in Sicilia, dalla costruzione del MUOS di Niscemi, all’installazione dei droni Global Hawks (con tutti gli strumenti tecnologici e umani di supporto). Di certo quando gli USA parlano di possibili “sovranità violate” non si riferiscono alla Sicilia (della quale già l’Italia non tiene in alcun conto) e di certo non si considerano “aggressori” o “colonizzatori” dell’Isola solo perché è territorio di un Paese “alleato”.
Come abbiamo descritto in nostri articoli precedenti, la Trident Juncture (TJ15) è stata definita dallo U.S. Army Europe “la più grande esercitazione Nato dalla caduta del Muro di Berlino”, ed ha in campo 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 Paesi: una esercitazione è programmata per “testare” la forza di rapido intervento – la (NRF) con circa 40 mila effettivi – e soprattutto il suo corpo d’élite composto da cinque mila effettivi, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), enfaticamente soprannominata “Spearhead” (punta di lancia), in grado di essere schierata in meno di 48 ore per rispondere “alle sfide alla sicurezza sui nostri fianchi meridionale e orientale”. In poche parole, pronta ad intervenire rapidamente, portando la “guerra preventiva” ovunque si ritengono minacciati gli interessi occidentali estendendo, quindi, l’azione della Nato ad ogni angolo del mondo.
Padre Alex Zanotelli, missionario e fondatore di diversi movimenti che promuovono la pace, attraverso il suo blog, da mesi continua a lanciare un allarme: “Siamo di nuovo sul piede di guerra anche in Europa sia sul fronte Ucraina, come nel Mediterraneo. E questo grazie alla NATO. È stata la NATO a far precipitare lo scontro con la Russia perché voleva e vuole che l’Ucraina diventi membro della NATO per poter così sparare i suoi missili direttamente su Mosca… Ora si apre anche il Fronte Sud: il Mediterraneo.”.
I mass media, in verità, non stanno dando particolare risalto a quanto accade in questa periferia italica. Si levono soltanto “voci” che vengono magari considerate “minori” e poco influenti sull’opinione pubblica. Ma sono pur sempre “voci” fuori dal coro e vanno ascoltate.
Ha scritto il quotidiano online Affari Italiani: La tensione tra la Russia e l’Occidente ha raggiunto picchi altissimi negli ultimi mesi, sconosciuti sin dai tempi della guerra fredda. Dopo la crisi in Ucraina l’Europa e gli Usa hanno messo nel mirino Putin. E ora i movimenti militari della Nato si fanno sempre più insistenti (e per molti versi preoccupanti). Proprio in funzione della minaccia russa (anche se non viene mai citata apertamente dalla Nato), la più importante organizzazione militare transnazionale ha messo a punto un’ambiziosa esercitazione militare”, la Trident Juncture.
TeleclubItalia fa notare: Dall’“esplosione” della crisi ucraina le esercitazioni a ridosso dei confini russi sono più che raddoppiate. Decine di migliaia di uomini e centinaia di mezzi hanno partecipato alle manovre aereo-navali nel mar Nero, al largo delle coste sia di Romania e Bulgaria che della Georgia, nel mar Baltico, al largo della Norvegia e delle Repubbliche baltiche, rafforzando di fatto la presenza navale Nato. E ancora, esercitazioni terrestri in Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e nei Paesi baltici cui si sta accompagnando un crescente processo di riarmo con il trasferimento in questi Paesi di centinaia di carri armati, pezzi di artiglieria ed altri mezzi militari e l’avvio del programma di dispiegamento della cosiddetta “Difesa antimissile” in Polonia. Una provocatoria stretta militare sulla Russia che, insieme alle pressioni sulla Cina con il dispiegarsi di mezzi militari nel Mar Cinese, aumenta il rischio di uno scontro diretto tra grandi potenze, portandoci dritti ad un nuovo conflitto militare internazionale.
E Sebastiano Caputo sul quotidiano Il Giornale di ieri (martedì 20 ottobre) senza peli sulla lingua spiega la situazione: “A parole “Trident Juncture 2015” è volta a verificare le capacità della Nato Response Force (Forza di reazione Nato, 40 mila effettivi), contro i pericoli sul fianco meridionale al di fuori del suo perimetro, come dimostrano la crisi libica, l’offensiva dei miliziani dello Stato Islamico, la guerra in Siria, ma in realtà l’obiettivo è quello di lanciare un chiaro monito alla Russia di Vladimir Putin che sta concentrando le sue forze a Kaliningrad, nel Mar Nero, nel Mediterraneo Orientale e in Medio Oriente (vedi l’intervento militare in Siria).”.